Si sono tenute a Milano le celebrazioni per i 110 anni della nostra Associazione. Per l’occasione tutti i ragazzi del progetto UEFA Talent & Mentor sono stati chiamati nel capoluogo lombardo per tre giorni, dal 26 al 28 agosto.
Vi sono stati momenti istituzionali come venerdì 27 agosto, nella Sala Appiani dell’Arena Civica Gianni Brera dove è stato presentato il nuovo logo dell’Associazione, alla presenza del Presidente dell’AIA Alfredo Trentalange con il Vice Duccio Baglioni e tutto il Comitato Nazionale e il Segretario Generale della FIGC Marco Brunelli.
Il programma di formazione tecnica, riservato ai 110 giovani arbitri che sono giunti a Milano, ha preso il via il 26 agosto alle ore 15 presso L’Università Cattolica. Dopo l’apertura ufficiale, con il saluto del Sindaco di Milano Giuseppe Sala, gli interventi dell’arbitro internazionale Daniele Orsato, del Responsabile della CAN Gianluca Rocchi e del Responsabile del Settore Tecnico Matteo Trefoloni hanno stregato i ragazzi. Il giorno seguente, nei locali della Sezione AIA di Milano Roberto Rosetti, Chief Refereeing Officer della UEFA, e nel pomeriggio gli arbitri della CAN Giovanni Ayroldi e Simone Sozza hanno tenuto lezioni formative con alcuni momenti sul terreno di gioco.
L’esperienza in aula si è conclusa il 28 agosto alle ore 9 con Francesco Bianchi, Supervisor UEFA della Convention Mentor & Talent, ed il Settore Tecnico Arbitrale.
Le celebrazioni si sono concluse con una messa in Duomo ed una visita del Palazzo Vescovile con l’Arcivescovo Mons. Mario Delpini.
A margine dei tre giorni abbiamo intervistato il nostro associato Davide Scalvi, inserito nel programma Mentor & Talent.
Davide cosa hai provato ad essere presente alle Celebrazioni dei 110 anni dell’AIA?
<<È stato molto emozionante, soprattutto i primi momenti vissuti a Milano. Riprendere con un evento del genere e incontrare per la prima volta in presenza tutti i partecipanti di questo progetto, dopo un anno dietro allo schermo, ha amplificato le emozioni. Ho trovato un gruppo unito nonostante ci conoscessimo davvero poco. Molta gioia per essere presente, per essere stato scelto e anche un po’ di paura nel vedermi in mezzo a qualcosa di più grande e confrontarmi con Arbitri del calibro di Orsato, Rocchi, Rosetti e Trefoloni. Ti senti un puntino e dici “cosa ci faccio qui?”. Un pieno di emozioni.>>
Qual è stato il momento più significativo per te?
<<Ci sono stati tanti momenti significativi, farei presto a dire l’incontro con Orsato o con Rocchi però mi ha sorpreso molto l’Arcivescovo Monsignor Mario Delpini con la sua omelia. Mi è piaciuta molto, ha parlato di spiritualità “così si realizza la spiritualità dell’arbitro: essere al servizio, indicare la via giusta, assumersi la responsabilità, sostenere la solitudine e l’impopolarità rimanere sobrio e pacato nelle parole e nelle reazioni” e di come l’arbitro abbia bisogno oltre alla tecnica, al regolamento e all’atletismo di spiritualità. Mi ha colpito, inoltre, l’umiltà con cui è venuto da noi
per scattare le fotografie nonostante fosse vestito con l’abito talare e la mitra. La spontaneità con cui si è concesso ai nostri scatti mi ha impressionato.>>
Conoscere arbitri della CAN cosa ti ha insegnato e quali consigli porterai in campo?
<<Oltre ai momenti ufficiali ho avuto modo di approcciarli anche in momenti informali. Ho conosciuto persone disponibili, umili, pronte a mettersi in gioco per noi. Ci hanno insegnato e trasmesso quello che hanno imparato negli anni senza pretendere nulla in cambio. In aula sono stati molti gli argomenti trattati: mass-confrontation, SPA e altre situazioni che si verificano sul terreno di gioco. Ho visto un filo conduttore che li unisce e una frase che mi ha colpito è stata quella di Rosetti “pretendere da voi stessi”. Tutti hanno focalizzato la loro attenzione sulla persona più che sull’arbitro. Non cercano arbitri che fanno cose impossibili, ma che facciano bene le cose semplici e che abbiano consapevolezza in loro stessi e sappiano prendere decisioni avendo il controllo della situazione comunicando bene all’esterno le proprie decisioni.
Avere dei sogni, degli obiettivi, come dice Orsato, altrimenti non si va da nessuna parte.
Quindi è il primo aspetto che dobbiamo curare è il lavoro su noi stessi, sulla persona, che ci serve sicuramente in campo, ma senz’altro ci servirà anche nella vita>>
Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
<<Mi lascia sicuramente un grande bagaglio culturale sia dal punto di vista arbitrale sia sul lato umano. Ho fatto un pieno di emozioni, come ho già detto. Ti lascia la consapevolezza di far parte di un’associazione che funziona, in cui c’è rispetto e dove anche il Presidente Trentalange parla a noi ragazzi fra un evento e l’altro. Sicuramente un messaggio che ci hanno trasmesso riguarda il lavoro: con la determinazione e i sogni si può arrivare lontano, si può arrivare al proprio massimo. Possiamo toglierci delle soddisfazioni e possiamo realizzare i nostri sogni perché la vita, come dice Orsato, “senza sogni è buttata via”.>>